Già da qualche mese è uscita “Bonding”, serie Netflix che ha fatto parlare di sé a causa dell’argomento trattato: il sadomaso.
Un tema decisamente forte e provocatorio che viene mostrato come un qualcosa di cui non bisogna vergognarsi, ma che in certi punti si avvicina un po’ troppo alla prostituzione.
Protagonista della serie è Pete, un ragazzo che sogna di fare il comico, ma ha troppa paura per provarci. Spinto dal bisogno di soldi per pagare l’affitto nella carissima New York, accetta di lavorare per Tiff, una sua compagna del liceo che però non vede da anni.
Al primo incontro con la sua vecchia amica, Pete scoprirà che al telefono lei gli ha mentito: non lavora per il 911, ma guadagna facendo la dominatrice in un centro sadomaso.
All’inizio l’idea di farle da aiutante-guardia del corpo non lo entusiasma, ma il bisogno di soldi lo spingerà ad accettare. Così si ritroverà immerso in un ambiente alquanto bizzarro in cui realizzare le più strane fantasie altrui è all’ordine del giorno.
L’obiettivo di “Bonding” sembra essere quello di sdoganare tutti i pregiudizi riguardanti il sadomaso, mostrandolo come una pratica particolare sì, ma non certo un qualcosa di cui vergognarsi. Questo poiché, se praticato da adulti consenzienti, è semplicemente una pratica sessuale alternativa.
Il problema della serie è che, nonostante il sadomaso sia il tema principale, spesso è trattato in modo distratto e vago: capisco che mostrare scene troppo esplicite possa risultare pornografia, ma nella serie vengono mostrati praticamente solo frustini e corsetti di pelle. Nient’altro, salvo un paio di scene che, in realtà, sono fatte abbastanza bene poiché tendono a rimanere sul divertente.
Molto interessante il personaggio di Tiff, studentessa di psicologia di giorno e dominatrice di notte, una giovane donna che non ha paura di aiutare gli altri a realizzare le loro fantasie e soprattutto che non giudica i suoi clienti, non importa quanto strani siano i loro interessi. Così esplicita e senza tabù all’apparenza, in realtà Tiff nasconde diversi problemi con se stessa che la portano ad avere difficoltà nella sua vita sessuale. Si tratta di un tema decisamente interessante, che però non viene approfondito come dovrebbe nella serie.
In una delle ultime puntate è presente una scena che ha lasciato molte persone interdette: il coinquilino del protagonista gli chiede di fargli un “lavoretto” un po’ particolare e in cambio quest’ultimo non dovrà pagare l’affitto del mese.
Se già nelle altre scene il sadomaso è sempre rappresentato sul confine con la prostituzione, in questa scena specifica il confine è stato nettamente varcato e non penso sia un bene per una serie che vuole sdoganare tutti (o quasi) i pregiudizi relativi a queste pratiche.
Si può essere di ampie vedute finché si vuole, ma quando una persona fa una pratica sessuale nei confronti di un’altra in cambio di soldi (perché un mese di affitto sono molti soldi, soprattutto in una città come New York), altro non è che prostituzione.
Uno dei problemi principali della serie è il fatto che siano trattati molti temi super interessanti (che vanno dal sadomaso alle molestie di un professore nei confronti di una studentessa fino al bisogno di aprirsi di più di una coppia), ma tutti vengono appena accennati, quasi come se ogni episodio fosse un piccolo trailer per ogni argomento, che dunque non sarà mai approfondito. Gli episodi dovrebbero durare più di 15 minuti l’uno oppure dovrebbero esserci più episodi, in modo da dedicare ad ogni argomento lo spazio che meriterebbe, mentre si finisce solo per accennare tutto senza spiegare niente per davvero.
Un vero peccato, visto non solo il potenziale dei temi, ma anche la “leggerezza” (intesa in senso positivo ovviamente) con cui venivano trattati.
In sostanza, “Bonding” è una serie del tipo “tutto fumo e niente arrosto” poiché vuole sdoganare il più alto numero possibile di tabù riguardanti sia il sadomaso che la sessualità più in generale, ma lo fa malamente poiché il numero degli episodi e la loro durata è decisamente troppo breve ed è un peccato perché il potenziale c’era; inoltre il sadomaso mostrato nella serie è decisamente al confine con la prostituzione (che, ricordiamolo, non prevede solo rapporti sessuali completi, ma qualunque pratica sessuale svolta dietro un pagamento).
Se sia una provocazione, una denuncia del sadomaso mascherata da tentativo di sdoganarlo o semplicemente una serie che non riesce a trattare adeguatamente i suoi temi non lo so, ma anche se non è perfetta, “Bonding” è sicuramente una serie super godibile, specialmente se si è in un momento un po’ stressante perché dura poco (7 episodi da 15 minuti l’uno, io l’ho finita in un pomeriggio) e strappa una risata. Provare per credere.